Ora che l’ultima versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) è nelle mani del parlamento (25 aprile, dopo le ultime iscrizioni a valle delle osservazioni parlamentari e del confronto con le parti sociali in aprile) l’impegno sulla digitalizzazione del Paese è più che mai preso.
Non solo perché la digitalizzazione è la prima delle sei “missioni” previste dal Piano (le stesse presentate lo scorso gennaio), ma perché ora convoglia su di sé il 27% dei finanziamenti destinati alle riforme per uscire alla crisi pandemica. Ben 49,2 miliardi di euro.

Una fetta significativa dei 222,1 miliardi di euro complessivi che l’Italia investirà in riforme per digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (1), rivoluzione verde e transizione ecologica (2), infrastrutture per una mobilità sostenibile (3), istruzione e ricerca (4), inclusione e coesione (5), salute (6). Le sei “missioni” per riparare i danni economici e sociali della crisi sanitaria, ma anche per risolvere quelle debolezze strutturali e ambientali che l’Unione Europea chiede di sanare con il programma Next Generation EU (NgEu), il pacchetto di finanziamenti complessivo da 750 miliardi di euro per far fronte alla crisi pandemica in tutti i Paesi europei. “Un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitalescrive Mario Draghi nella prefazione del Pnrr, 336 pagine -; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale. Per l’Italia il NgEu rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il NgEu può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo”. 

La premessa. Tra le cause del deludente andamento della produttività, secondo il primo ministro l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale”, un ritardo dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo (Pmi più restie all’innovazione) ma anche alla scarsa familiarità con le tecnologie digitali del settore pubblico. “Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019, gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66% a fronte del 118% nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,6% degli investimenti totali nel 1999 al 12,7% nel 2019″. Poi nel 2020 la pandemia.

Sei “missioni” urgenti

Come verranno spartiti i 222,1 miliardi di euro previsti per le riforme nel nostro Paese? Una cifra raccolta aggiungendo ai 191,5 miliardi di euro finanziati dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, i 30,6 miliardi del fondo complementare finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio nelle scorse settimane (15 aprile). Una ulteriore boccata di ossigeno per accelerare il Piano italiano sul quale la Commissione Europea si esprimerà a breve. Le cifre e gli obiettivi di ogni singola “missione”.

1 – Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura, un ambito che convoglia 49,2 miliardi di euro per promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in turismo e cultura (valorizzando siti storici e migliorando strutture ricettive).
Gli investimenti prevedono la fornitura di banda ultralarga e connessioni veloci in tutto il Paese (“connettività a 1 Gbps in rete fissa a circa 8,5 milioni di famiglie, 9mila edifici scolastici non dotati, connettività adeguata ai 12mila punti di erogazione del Servizio Sanitario Nazionale, avvio del Piano Italia 5G per il potenziamento della connettività mobile in aree a fallimento di mercato”). L’adozione di tecnologie, competenze e infrastrutture digitali saranno sia per il settore privato sia per il settore pubblico, facilitando la migrazione al cloud.

2 Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica (68,6 miliardi complessivi) per migliorare la sostenibilità e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva.
Il Piano prevede investimenti e riforme per leconomia circolare e la gestione dei rifiuti (65% riciclo della plastica e il 100% recupero nel settore tessile), il trasporto pubblico locale (acquisto bus a bassa emissione, rinnovo flotta treni regionali con mezzi a propulsione alternativa), l’efficienza energetica di edifici privati e pubblici, investimenti nelle fonti di energia rinnovabile (filiera dell’idrogeno) e in infrastrutture idriche con riduzione del dissesto idrogeologico.

3Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile (31,4 miliardi) per lo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto moderna e sostenibile con un importante investimento nei trasporti ferroviari ad alta velocità, nella modernizzazione e il potenziamento delle linee ferroviarie regionali, sul sistema portuale e nella digitalizzazione della catena logistica.

4 – Istruzione e Ricerca (31,9 miliardi di euro) per rafforzare sistema educativo, competenze digitali e tecnico-scientifiche, ricerca e trasferimento tecnologico (dagli asili nido, alle scuole primarie e secondarie, con una riforma dell’orientamento, dei dottorati, dei corsi di laurea e dell’istruzione professionalizzante, oltre a rafforzare la filiera della ricerca e del trasferimento tecnologico).

5 – Inclusione e Coesione (22,4 miliardi) per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, attraverso formazione e politiche attive che favoriscano l’inclusione sociale (sviluppo di centri per l’impiego, imprenditorialità femminile, servizi sociali per gestire le vulnerabilità, come ad esempio interventi dei comuni per favorire una vita autonoma alle persone con disabilità), investimenti per zone economiche speciali e rigenerazione urbana delle periferie delle città metropolitane. Più del 10% del Piano.

6 – Salute (18,5 miliardi) per rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure (assistenza di prossimità, domiciliare, telemedicina e assistenza remota). Previsto l’aggiornamento del parco tecnologico ospedaliero e delle attrezzatture per diagnosi e cura (acquisto di 3.133 nuove grandi attrezzature) rafforzando l’infrastruttura tecnologica per la raccolta e l’analisi dei dati dei cittadini, inclusa la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico.

Il piano per modernizzare il Paese riguarderà inoltre le quattro riforme della pubblica amministrazione (competenze digitali, ricambio generazionale, piattaforma unica di reclutamento), della giustizia (durata dei processi, arretrati giudiziari), della concorrenza come strumento di coesione sociale e crescita economica (servizi pubblici, gestione delle utility come luce e gas…), della semplificazione della legislazione (leggi e regolamenti che ostacolano la vita quotidiana di cittadini e imprese).”La trasformazione della PA si basa su una forte espansione dei servizi digitali negli ambiti dell’identità, dell’autenticazione, della sanità e della giustizia. L’obiettivo è una marcata sburocratizzazione per ridurre i costi e i tempi che attualmente gravano su imprese e cittadini.” Con la governance del Piano gestita da una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia.

336 pagine dettagliate. Senza nulla voler togliere alle diverse “missioni”, per noi segnali di spinta sono quel 27% del Piano dedicato alla digitalizzazione (un tetto anche più altro rispetto al 25% fissato dall’Europa) e quel 40% degli investimenti dedicati a contrastare il cambiamento climatico (anche in questo caso più alto del tetto europeo fissato al 38%).

Appena il parlamento darà le indicazioni di voto finale (oggi e domani, lunedì 26 si esprimerà la camera e martedì 27 il senato) il piano sarà trasmetto alla Commissione Europea, nei tempi stabiliti (entro il 30 aprile). Una settimana intensa, dopo mesi di dibattito e confronto.
Il semaforo dovrebbe essere verde, senza sorprese, per partire al più presto con i decreti attuativi una volta ricevuto il via libera da Bruxelles. Nessun ritardo è ammissibile. Solo allora la cartina di tornasole.

Governo
Il primo ministro Mario Draghi porta il Pnrr in Parlamento

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