La Germania in recessione, peggio della media Ue: c’è il rischio di contagio? Cosa succede
di Valentina Iorio
di Mara Gergolet, corrispondente da Berlino
La Germania chiude il 2023 in recessione. L’ufficio della Statistica ha annunciato ieri una contrazione annuale dello 0,3% dell’economia. Per quanto possa sembrare strano, è un evento piuttosto raro in Germania: dal 1951, sono stati solo 9 gli anni in cui il Pil si è ristretto. Se poi si sommano questi risultati alle previsioni di diversi economisti e banche, che vedono anche un 2024 in bilico o sotto lo zero — al contrario delle stime ufficiali e dell’Ocse che predicono una crescita dello 0,6% — siamo in territorio che la Germania non attraversava da tempo. Bisogna tornare ai primi anni 2000, quando Berlino era il «malato d’Europa» per trovare una doppia recessione. Tra i grandi Paesi industriali, secondo il Fondo monetario (Fmi), l’anno scorso nessuno è andato peggio.
di Valentina Iorio
Per il cancelliere Scholz si annunciano mesi difficili. Il 2024 è iniziato all’insegna degli scioperi. Protestano i contadini che ieri sono tornati con i trattori sotto la porta di Brandeburgo, chiedendo che vengano ripristinate le sovvenzioni al gasolio. Protestano i camionisti. La scorsa settimana si sono fermati per tre giorni anche i macchinisti dei treni: muoversi in Germania può essere complicato.«Lo sviluppo economico complessivo è debole — ha commentato la presidente dell’ufficio Statistico Ruth Brand — in un contesto che continua ad essere segnato da molteplici crisi». Sulla recessione — l’analisi dei suoi esperti — hanno influito in primo luogo i consumi che non ripartono. E l’inflazione, con i prezzi e i tassi delle banche in salita.
di Danilo Taino
Se dopo il Covid, nel 2022, con un po’ di ottimismo si è tornati a spendere anche in Germania, riprendendosi il tempo libero dopo le restrizioni, è nel 2023 che il carovita si è fatto pienamente sentire. E se è vero che l’inflazione era arrivata a toccare — a fine 2022 — anche l’11% per poi scendere allo 2,3% lo scorso novembre, è però anche già risalita allo 3,8 a dicembre, appena sono venuti a mancare i sussidi governativi alle bollette dell’energia. Le famiglie hanno sofferto «la più grande impennata dei prezzi da una generazione». Ma il quadro è nero in quasi ogni sua parte.
di Giuliana Ferraino, inviata a Davos
Non c’è quasi settore che goda di buona salute: si sono contratti l’export, la produzione industriale, le vendite al dettaglio. Il valore aggiunto lordo dell’industria, escluse le costruzioni, ha registrato un -2%. Non solo. A Berlino, come se l’economia in panne non bastasse, è stata tagliata anche la spesa publica, ridotta dello 1,7%. E qui siamo alle questioni politiche, perché questi sono i danni che — visti da fuori — Berlino si è autoinflitta. Da quando ha costretto, per Costituzione, ogni governo tedesco dal 2009 a chiudere l’anno in pareggio, lo spazio per lo stimolo è inesistente. Certo, non si lasciano debiti alle future generazioni, quando non si hanno idee su come investire o uscire dalla stagnazione — come sostengono i conservatori, e come anche oggi ritiene la maggioranza dell’opinione pubblica. Ma si lega anche le mani a ogni iniziativa.
di Federico Fubini
Scholz ha dovuto limare il bilancio, dopo che la Corte Costituzionale ha definito «illegale» il suo ricorso ai fondi speciali. La crisi in Cina non rientrerà a breve, e comunque la Germania ha capito quanto è in balia con il suo export dei contraccolpi esterni. La piattezza c’è in ogni campo, settori che riportino il Paese a correre a breve non si riescono a intuire. Difficile con queste premesse vedere dove il governo possa trovare spazio di manovra. Il problema, per il resto dell’eurozona, è che gli effetti negativi non si esauriscono in Germania.
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16 gen 2024
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Antonella Baccaro
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