Arrabbiati cronici, brutto carattere o disturbo del comportamento?

di Danilo di Diodoro

Se gli sbotti d’ira sono frequenti, e non giustificati dagli eventi, non si tratta solo di variabili della personalità ma di patologia comportamentale. Un fenomeno che può verificarsi fin dai primi anni di vita, con pianti e aggressioni

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(Getty Images)

Alcune persone sembrano quasi sempre di cattivo umore, irritabili alla minima contrarietà. Viverci accanto non è facile, e spesso lasciano sconcertati per l’esplosività delle loro risposte comportamentali anche per eventi che altri considererebbero trascurabili. È noto da tempo che esistono caratteri irritabili e ancora oggi gli psichiatri faticano a individuare un confine preciso oltre il quale un carattere «difficile» deve essere considerato un’espressione di tipo patologico e quanto invece possa far parte di una naturale variabilità. «Già la medicina greca sosteneva che le persone con una determinata costituzione fossero caratterizzate dalla prevalenza di un umore specifico non necessariamente riconducibile a una malattia, ma che poteva predisporre a determinati disturbi o a specifici modi di agire» dice Antonio Bruno, professore associato di psichiatria dell’Università degli studi di Messina, coautore di un articolo pubblicato sulla rivista Psychiatry Research, dedicato al Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente, una nuova entità diagnostica descritta nell’ultima edizione del DSM5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Nell’infanzia

«Da un punto di vista clinico questo disturbo è caratterizzato dalla presenza di gravi e frequenti scoppi di collera — almeno tre episodi a settimana — manifestati sia verbalmente, con urla, grida e pianti, sia sul piano comportamentale, con aggressioni fisiche a persone o a oggetti» dice ancora Bruno. «Tipicamente, durata e intensità di tali scoppi di collera sono sproporzionate rispetto alla situazione e all’età di sviluppo. Inoltre, tra un episodio e l’altro l’umore risulta persistentemente arrabbiato o irritabile per la maggior parte della giornata, quasi tutti i giorni e per un periodo di tempo di almeno un anno. Si tratta di una condizione che inevitabilmente genera una marcata alterazione nelle relazioni del bambino con la famiglia e con i coetanei e un insufficiente rendimento scolastico». Quindi si tratta di un disturbo che si presenta già durante l’età infantile, prima dei dieci anni di età. «La diagnosi non può essere posta per la prima volta al di fuori della fascia di età compresa tra i 6 e i 18 anni, anche perché poi la frequenza delle esplosioni colleriche e dell’umore negativo tende a diminuire con l’età, con un picco sintomatologico durante la prima infanzia che decresce nell’adolescenza. Studi recenti hanno comunque individuato la presenza di sintomi tipici di questo disturbo anche in età adulta con tassi di prevalenza fino al cinque per cento della popolazione».

Le conseguenze

Chi soffre di un Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente non ha una vita facile. Il problema non è semplicemente venir identificati come una persona dal pessimo carattere. Le conseguenze sulla vita di un disturbo che inizia già in età infantile possono essere molto importanti. «I giovani affetti da questo disturbo hanno maggiori probabilità di andare incontro a disabilità nelle attività della vita quotidiana, di mostrare difficoltà di apprendimento, comportamenti autoaggressivi e ideazione suicidaria, se confrontati con giovani che hanno altre diagnosi psichiatriche» precisa Bruno. «Inoltre presentano un rischio maggiore di sviluppare problemi a lungo termine: l’irritabilità cronica tipica del disturbo da disregolazione dell’umore dirompente è infatti correlata allo sviluppo di depressione unipolare e di disturbi d’ansia in età adulta. Infine queste persone, una volta diventate adulte, mostrano tassi più elevati di malattie sessualmente trasmissibili, dipendenza da nicotina e comportamenti illegali o rischiosi».

Trattamento

Al momento non esistono trattamenti farmacologici che consentano di modificare in maniera definitiva il carattere di una persona, ma alcune categorie di farmaci sono utilizzate per cercare di tenere sotto controllo i sintomi più disturbanti del Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente, come irritabilità cronica grave e scoppi d’ira. «La stretta associazione tra questo disturbo, depressione unipolare e disturbi d’ansia ha indirizzato le attuali tendenze terapeutiche verso l’utilizzo di farmaci antidepressivi, principalmente inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e della serotonina-noradrenalina (SNRI), che presentano un’efficacia documentata sui comportamenti aggressivi in altri disturbi mentali» spiega Bruno. «Altri farmaci con un buon esito sull’irritabilità e sull’aggressività sono gli antipsicotici atipici. Infine, è stato riscontrato un effetto moderatamente positivo sull’aggressività da parte del litio e degli anticonvulsivanti. Oltre alla somministrazione di farmaci, soprattutto in relazione alla significativa compromissione del funzionamento sociale e alla disregolazione emotiva associata al disturbo, sono considerati molto utili trattamenti psicoterapeutici, come una terapia comportamentale o interventi che coinvolgono i genitori nel processo educativo, riabilitativo e psicoterapeutico (parent-training). Particolarmente efficace è la terapia dialettico-comportamentale adattata ai bambini (DBT-C) che ha evidenziato un tasso di risposta di circa il 90 per cento in soggetti con gravi disturbi emotivi e comportamentali, anche in associazione con interventi di formazione dei genitori al fine di migliorare la partecipazione ai programmi terapeutici da parte dei giovani pazienti». La terapia dialettico-comportamentale è incentrata proprio sull’aiutare la gestione di stati emotivi intensi che sono il punto di partenza di quelli che diventano poi spesso comportamenti impulsivi e disfunzionali per la vita di una persona.

22 settembre 2021 (modifica il 23 settembre 2021 | 11:20)