L'impatto della covid emerge chiaramente dal confronto tra i decessi dei primi mesi del 2020 e quelli che ci si sarebbe naturalmente aspettati per quella stagione, se non fosse arrivata una pandemia. Ricalcolando questi dati comune per comune, un gruppo di statistici italiani di Imperial College London, Università di Bergamo, ISTAT e University College London si è accorto che, degli oltre 24.000 decessi inattesi avvenuti in Lombardia nei primi 4 mesi di quest'anno, "solo" 14.000 circa riguardano persone morte con diagnosi di covid.
Tolte le fatalità direttamente legate all'infezione da SARS-CoV-2, restano almeno altri 10.197 decessi in più (il 43% di tutte le morti in esubero) a cui è necessario dare una spiegazione. Lo studio è stato pubblicato su PLOS ONE.
Impatto indiretto. Queste perdite potrebbero essere attribuite ai ritardi nei soccorsi o al mancato accesso alle cure sanitarie, nei mesi in cui gli ospedali erano sottoposti a un'estrema pressione. Un'altra quota dei 10.000 decessi extra potrebbe riguardare persone decedute per CoViD-19 ma che non hanno ricevuto un tampone che ufficializzasse la malattia e, di conseguenza, neppure le cure necessarie.
«Queste sono le morti che, con una migliore programmazione delle cure sanitarie, si sarebbero potute potenzialmente evitare», sottolinea Gianluca Baio, Professore di Statistica ed Economia Sanitaria all'University College London: «andare oltre i decessi confermati per covid e includere quelli indirettamente risultanti dalla pandemia ci fornisce la piena misura della tragedia.»
Il metodo di lavoro. I ricercatori hanno confrontato i dati sul tasso di mortalità settimanale in 7.251 comuni italiani durante i primi quattro mesi dell'anno con quelli previsti, nelle stesse aree, dal trend registrato nei quattro anni precedenti, dal 2016 al 2019. Dalla differenza tra le morti effettive di inizio 2020 e il numero di decessi previsto dai modelli hanno ricavato i decessi "in esubero", quelli legati alla pandemia.
Obiettivo dello studio era mappare le morti "impreviste" rispetto alle attese a livello dei singoli comuni, con un'elevata risoluzione spaziale, per capire dove la pandemia ha colpito più duramente e dove le strutture sanitarie hanno retto meglio l'urto.
Le fonti. «Abbiamo usato i dati ufficiali sull'intero Paese rilasciati dall'ISTAT - spiega Baio - che contengono il numero giornaliero di morti per ogni causa a livello del singolo comune. Abbiamo aggregato i dati per settimana e per età». I tassi di mortalità settimanale della quasi totalità dei comuni italiani (il 91,7%, quelli per i quali c'erano dati disponibili) sono stati confrontati con le previsioni per ogni data area basate sui quattro anni precedenti, tenendo conto del momento dell'anno e della temperatura dell'aria (inverni più miti sono associati a minori quantità di decessi) e del fatto che i trend di mortalità sono simili in aree geograficamente vicine.
Morti che raccontano. L'eccesso di morti in Lombardia si è reso visibile già dall'ultima settimana di febbraio. In totale sono stati 23.946 i decessi non previsti dai modelli nella regione, di cui 13.749 direttamente imputabili alla covid. Nelle regioni del Nord Ovest e del Nord Est lo tsunami di fatalità in esubero è arrivato con una settimana di ritardo, dall'inizio di marzo, con 6.942 (4.370 per covid) e 8.033 decessi (5.986 per covid) in totale rispettivamente. La città di Bergamo ha mostrato le più alte percentuali di decessi non calcolati dai modelli per i maschi (+88,9% nel picco della pandemia).
L'Italia centro meridionale ha subito conseguenze molto meno gravi grazie al lockdown attuato da marzo: emerge anche da questa analisi, che non segnala più morti di quante ne prevedevano i modelli sugli anni precedenti. Interessanti anche i dati su alcune singole città. Verona ha avuto un tasso di mortalità in quei mesi di poco superiore al previsto, mentre Brescia, a soli 30 km di distanza, ma in un'altra regione, dell'80% superiore: probabilmente per la diversa gestione dei contagi da covid in Veneto e Lombardia. Pesaro, nelle Marche, ha avuto l'84% di morti in più del previsto, diversamente dal resto della regione, che non ha avuto sbalzi rispetto al normale.